I dati Istat: nel primo semestre rapporto deficit/pil al 3,8%. Pressione fiscale sale al 43,2%
Il temuto ‘triple dip’ è confermato: l’economia italiana è di nuovo in recessione, con due trimestri consecutivi di crescita negativa. Ad aprile-giugno, afferma l’Istat, il Pil italiano è diminuito dello 0,3% rispetto allo stesso periodo del 2013 e dello 0,2% nel confronto con gennaio-marzo. Questi dati sono coerenti con il nuovo sistema di calcolo ‘Sec 2010′ e mostrano un peggioramento rispetto alle stime diffuse a fine agosto, che avevano come riferimento i conti in Sec 1995 e indicavano un calo del Pil dello 0,2% sia congiunturale sia su base annua.
Il secondo trimestre del 2014, spiega l’istituto di statistica, ha avuto una giornata lavorativa in meno sia rispetto a gennaio-marzo sia rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nel confronto col trimestre precedente, i consumi sono cresciuti dello 0,1% mentre gli investimenti fissi hanno avuto una flessione dello 0,9%. Le importazioni sono aumentate dello 0,8% e le esportazioni dell’1,1%.
La domanda nazionale, sottolinea l’Istat, al netto delle scorte ha fornito un contributo nullo alla crescita del Pil: +0,1 punti percentuali i consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private, -0,2 gli investimenti fissi. La dinamica delle scorte “ha contribuito negativamente alla variazione del Pil (-0,3 punti percentuali), mentre l’apporto della domanda estera netta è stato positivo per 0,1 punti percentuali”.
Nel secondo trimestre “ci sono stati andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto di tutti i settori: industria -0,5%, servizi -0,1% e agricoltura -1%. In termini tendenziali, il valore aggiunto delle costruzioni è diminuito del 2,3%, quello dell’industria in senso stretto dello 0,4%, quello dell’agricoltura dello 0,6% e quello dei servizi dello 0,1%”.
Ad aprile-giugno, aggiunge l’istituto di statistica, il Pil è aumentato su base trimestrale dell’1% negli Stati Uniti e dello 0,9% nel Regno Unito, è rimasto stazionario in Francia mentre in Germania ha avuto un calo dello 0,2%. Nel confronto annuo c’è stato un aumento del 3,2% nel Regno Unito, del 2,5% negli Stati Uniti, dell’1,3% in Germania e dello 0,1% in Francia.
Nel secondo trimestre, spiega l’Istat, rispetto al primo “le importazioni di beni e servizi sono aumentate dello 0,8% e il totale delle risorse (Pil e importazioni di beni e servizi) è rimasto stazionario”. Le esportazioni sono cresciute dell’1,1%, gli investimenti fissi sono diminuiti dello 0,9% e i consumi finali sono aumentati dello 0,1%. Per i consumi, la spesa delle famiglie residenti e delle istituzioni sociali private è cresciuta dello 0,2%, quella delle amministrazioni pubbliche è aumentata dello 0,1%.
La contrazione degli investimenti “è stata determinata da una flessione della spesa per macchine, attrezzature e altri prodotti (che include anche gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale) e degli investimenti in costruzioni (-1,1% per entrambe le componenti), mentre quelli in mezzi di trasporto sono cresciuti del 2,6%”.
La spesa delle famiglie ha segnato un aumento tendenziale dello 0,3%. In particolare, gli acquisti di beni durevoli sono cresciuti del 2,2%, quelli di beni non durevoli hanno avuto una diminuzione dello 0,9%, mentre gli acquisti di servizi sono cresciuti dell’1%. Gli investimenti fissi hanno avuto, nel complesso, una diminuzione del 2,5% su base annua. In particolare, c’è stata una flessione della spesa in macchinari e altri prodotti del 3% e degli investimenti in costruzioni del 3,4%, mentre gli investimenti in mezzi di trasporto sono cresciuti dell’8,4%.
Nel secondo trimestre, conclude l’istituto di statistica, ci sono stati andamenti congiunturali negativi del valore aggiunto nella maggioranza dei comparti: -0,2% nel settore degli altri servizi, -0,3% in quello che raggruppa le attività del commercio, alberghi e pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni, -0,4% nell’industria in senso stretto, -0,8% nelle costruzioni e -1% nell’agricoltura. Solo il settore del credito, assicurazioni, attività immobiliari e servizi professionali ha segnato un debole aumento (0,1%).
Sulla base di questi dati, peggiora anche l’andamento del deficit-Pil. Nei primi due trimestri del 2014, comunica l’Istat, il rapporto tra indebitamento netto e Pil è stato pari a 3,8%, con un peggioramento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Nel secondo trimestre, in particolare, l’indebitamento è stato dell’1,1%, superiore di 0,4 punti percentuali nel confronto con lo stesso trimestre del 2013.
Sale la pressione fiscale nel II trimestre: secondo i dati Istat, e’ stata pari nel secondo trimestre al 43,2%, superiore di 0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Nel secondo trimestre 2014, le uscite totali sono aumentate, in termini tendenziali, dello 0,5%; la loro incidenza rispetto al Pil e’ del 49,3% (48,9% nel corrispondente trimestre dell’anno precedente). Le uscite correnti sono aumentate dello 0,4% (+0,3% al netto della spesa per interessi), mentre quelle in conto capitale sono aumentate dell’1,6%. Nei primi due trimestri del 2014 le uscite totali sono risultate pari al 49,0% del Pil (49,4% nel corrispondente periodo del 2013).
Le entrate totali sono diminuite, in termini tendenziali, dello 0,3% nel secondo trimestre del 2014; la loro incidenza sul Pil e’ stata del 48,2%, invariata rispetto al corrispondente trimestre del 2013. Nei primi due trimestri del 2014, le entrate totali sono diminuite dell’1,1% in termini tendenziali, con un’incidenza sul Pil del 45,2% (45,8% nel corrispondente periodo del 2013).
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