Rischi da bassa inflazione, in campo tutte le leve.
“La debole attività economica e l’avanzata del protezionismo stanno soffocando il commercio mondiale, in frenata dal 2012″.
Lo sostiene il Fondo monetario internazionale nei capitoli analitici del World Economic Outlook, segnalando un calo generalizzato degli scambi tra i diversi Paesi, ma che ha colpito il commercio dei beni più di quello dei servizi.
“E se la bassa crescita, con il rallentare degli investimenti, è il principale imputato (per i tre quarti), il ritmo calante delle liberalizzazioni commerciali e l’aumento del protezionismo non sono “innocui”, avvertono gli economisti del Fondo, indicando poi il ruolo “importante” del ”declino delle catene del valore globali”, ossia delle produzioni integrate.
Complessivamente ”il volume degli scambi di beni e servizi è cresciuto poco più del 3% all’anno dal 2012, meno della metà del tasso di espansione medio dei trent’anni precedenti”, si legge nel rapporto. Si tratta di “calo eccezionale”, segnala l’Fmi, soprattutto se osservato in relazione all’andamento del Pil.
“Tra il 1985 e il 2007, la crescita mondiale degli scambi risulta in media due volte più veloce rispetto all’aumento del Pil globale, mentre negli ultimi 4 anni, tiene a malapena il passo”. “Un rallentamento così accentuato e prolungato del volume degli scambi commerciali rispetto al Pil”, fa notare l’Fmi “è una circostanza con pochi precedenti storici negli ultimi 50 anni”.
“Contro i rischi della bassa inflazione occorre mantenere accomodante la politica monetaria e intervenire con tutti gli strumenti a disposizione, anche in modo “aggressivo” se necessario”, sottolinea il Fondo monetario internazionale, indicando come “in molti Paesi avanzati, specialmente dell’area euro, vi sia stata deflazione nel 2015 mentre gli stimoli delle banche centrali siano limitati da tassi d’interesse quasi negativi”.
“Sebbene il recente declino dell’inflazione coincida con la brusca diminuzione dei prezzi del petrolio e di altre commodity, l’inflazione core, che non contempla le più volatili categorie dell’alimentare e dell’energia, è rimasta sotto i target delle banche centrali per diversi anni consecutivi nella maggioranza delle principali economie avanzate. Una persistente inflazione sotto i target pone rischi al ribasso e richiede una serie di politiche di risposta”, avvertono gli economisti del Fondo, segnalando un declino dei prezzi ancora più generalizzato nel primo trimestre del 2016.
“Un approccio comprensivo e coordinato, che sfrutti la complementarietà tra i diversi strumenti per sostenere la domanda e amplificare gli effetti di politiche individuali con ricadute transfrontaliere, sarebbe il più efficace”, si afferma nel rapporto. ”Questo approccio dovrebbe essere incentrato sul proseguimento di politiche monetarie accomodanti per tenere ancorate le aspettative dell’inflazione nel medio periodo – precisa l’organizzazione guidata da Christine Lagarde – anche con l’impegno trasparente su un accomodamento monetario più aggressivo”, laddove si renda necessario.
“Un contesto di inflazione bassa, seppure positiva, può comportare costi economici significativi anche se viene evitata la trappola della deflazione”, rimarca l’Fmi, segnalando, tra gli altri, il rischio di un aumento della disoccupazione nel caso di shock avversi e, più in generale, un peggioramento delle prospettive di crescita nel medio termine come è recentemente avvenuto in Giappone a causa della deflazione. “C’è la crescente preoccupazione che ulteriori shock disinflazionistici possano mantenere l’inflazione bassa in modo persistente, conducendo eventualmente nella trappola della deflazione”.
Per questo motivo, conclude l’analisi, “lo stimolo monetario deve essere affiancato da una combinazione di politiche fiscali più favorevoli alla crescita e riforme strutturali per stimolare i consumi e gli investimenti grazie alle aspettative di redditi e profitti più alti”.
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