Povertà raddoppiata, Rei copre 40% famiglie
“Ridurre l’incidenza del debito è un obiettivo irrinunciabile. In una fase espansiva e con una politica monetaria ancora molto accomodante, non è utile aumentare il disavanzo”.
Il monito è del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che nelle sue “Considerazioni finali”, nel corso della presentazione della Relazione annuale sul 2017, non manca di sottolineare come “per ridurre il debito non vi siano scorciatoie. Gran parte del risparmio finanziario accumulato dagli italiani”, avverte il numero uno di via Nazionale, “trova corrispondenza, diretta o indiretta, nei 2.300 miliardi del nostro debito pubblico. Se venisse messo a repentaglio il valore della loro ricchezza reagirebbero fuggendo, cercando altrove riparo. E gli investitori stranieri
sarebbero più rapidi. La crisi finanziaria che ne conseguirebbe farebbe fare al nostro paese molti passi indietro. Macchierebbe in modo indelebile la reputazione dell’Italia nel mondo”.
Per Visco, “non sono le regole europee il nostro vincolo, è la logica economica. A essa”, osserva, “è strettamente connesso l’obbligo, che tutti abbiamo, di non compromettere il futuro delle prossime generazioni: accrescere il debito vuol dire accollare loro quello che oggi non si vuole pagare. E tutto ciò è ancora più vero per un paese che ogni anno deve rifinanziare 400 miliardi di titoli in scadenza. Un peggioramento del saldo primario, anche solo atteso”, afferma il governatore, “può generare timori sulla solidità dei conti pubblici e innalzare i costi di finanziamento per lo Stato”. Se invece “le tensioni degli ultimi giorni si riassorbiranno, anche il costo del debito si ridurrà, seppur leggermente, con il venire a scadenza di titoli collocati in passato a tassi più elevati di quelli di nuova emissione”. Ma “a questo fine”, insiste Visco, “la condizione essenziale è conservare la credibilità del processo di consolidamenti dei conti pubblici”.
“La crisi – dice Visco – ha accentuato il disagio con la quota delle famiglie che vivono in povertà assoluta “quasi raddoppiata” negli ultimi 10 anni e arrivata a sfiorare il 7%. le risorse del reddito di inclusione (Rei) consentono di coprire circa il 40% delle famiglie in povertà assoluta. Nel procedere a un suo rafforzamento o all’adozione di altri provvedimenti – avverte – oltre a evitare di scoraggiare la ricerca di un lavoro regolare bisognerà prestare attenzione alle conseguenze sui conti pubblici”.
Per quanto concerne le Pmi il Governatore ha sostenuto come “I Pir (piani individuali di risparmio) – ha detto ancora – introdotti alla fine del 2016 possono fornire “un contributo non trascurabile” al finanziamento delle Pmi italiane che meno riescono ad accedere, come le aziende più grandi, ai mercati. Per le piccole imprese il credito bancario è tuttavia destinato a rimanere il canale principale di finanziamento” .
Visco sulle pensioni ha sottolineato come “sarebbe rischioso fare passi indietro. Le misure intraprese hanno risposto alla necessità di tener conto dell’allungamento della vita media nel definire il rapporto tra i contributi versati e l’entità e la durata della pensione; hanno cioé – ha sottolineato – posto l’Italia in una posizione favorevole nel confronto internazionale. Interventi mirati, volti a ridurre specifiche rigidità, sono possibili, alcuni sono già stati effettuati in passato ma vanno sempre adeguatametne compensati in modo da assciurare l’equilibrio attuariale del sistema pensionistico”. Insomma, per Visco, nel modificare regole di fondo che determinano le tendenze di lungo periodo della spesa pubblica “va esercitata estrema prudenza”.
In conclusione ha sottolineato come “Il destino dell’Italia è quello dell’Europa”. Il governatore non nasconde il fatto che determinate regole comunitarie “debbano essere modificate” ma sottolinea con forza che i problemi della nostra economia non derivano dai vincoli europei, quanto dall’enorme ammontare del debito pubblico accumulato negli anni e che ora pesa come un macigno sul nostro futuro”. “Siamo parte – di una grande area economica profondamente integrata, il cui sviluppo determina il nostro e allo stesso tempo ne dipende. In questo senso, è importante che la voce dell’Italia sia autorevole nei contesti dove si deciderà il futuro dell’Unione europea. Tutti i Paesi che ne fanno parte devono contribuire al suo progresso. Perché l’attaccamento all’Ue non vuol dire accettazione passiva delle regole attuali”.
“L’Europa – dice Visco – ha bisogno di rivedere gli strumenti esistenti e di crearne di nuovi, comuni, per affrontare gli shock economici e finanziari, in un contesto in cui quelli nazionali sono deboli o indisponibili. Dopo le riforme degli scorsi anni, ulteriori progressi sembrano al momento bloccati dalla preoccupazione per le vulnerabilità finanziarie, pubbliche e provate, accumulate durante la crisi e dalla sfiducia reciproca. E’ una situazione difficile che possiamo superare ponendo le condizioni per compiere in futuro quei passi che oggi possono apparire impossibili. Si ricorda spesso che l’Unione europea e l’area dell’euro non hanno un governo comune. Ma proprio questo grande obiettivo ha animato la storia dell’Europa moderna. La sua lontananza – conclude Visco – non deve fiaccare la volontà di partecipare con vigore, e da protagonisti, al dialogo e agli approfondimenti dai quali dipende nei prossimi anni la prosperità dei cittadini europei”.
Powered by WPeMatico