Istituti italiani sono andati avanti senza “regali”
“Sono oltre 3 mesi che le sofferenze bancarie, attraverso le rilevazioni della Banca d’Italia e dell’Associazione bancaria, oscillano sui 200 miliardi. Ma io vorrei sottolineare un altro dato importante, quello relativo alla copertura dei crediti deteriorati””. E’ quanto ha dichiarato alla trasmissione “Voci del Mattino”, Radio1 Rai, Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, l’associazione bancaria italiana. “”Da questo punto di vista, l’Italia sta meglio della media europea, con un tasso di copertura, per quanto riguarda le banche quotate, che supera il 46%, contro il 44, 6,% europeo. Credo che questi dati positivi, frutto di rilevazioni presso organismi europei indipendenti, rassicurino più di tante affermazioni sulla solidità complessiva delle banche italiane. Certo la percentuale italiana delle sofferenze è molto alta rispetto al totale europeo (200 miliardi contro quasi 1.000 in totale) ma vi sono almeno due spiegazioni: la prima è che, sino a un anno fa, quando nacque l’Unione Bancaria Europea, gli Stati potevano fare i cosiddetti “regali” alle banche””. “Ebbene – ha osservato Patuelli – secondo l’Eurostat – l’agenzia statistica dell’Unione Europea, il governo italiano non ne ha fatti, mentre altrove sono stati cospicui. Penso alla Germania, dove gli aiuti sono stati per un ammontare di oltre 250 miliardi di euro. E questo spiega il miglioramento dello stato di salute di alcune banche estere; in Italia, le banche sono andate avanti con le loro forze e con gli aumenti di capitale effettuati. La seconda spiegazione è che, come si evince anche da inchieste giornalistiche, in Italia i tempi per il recupero giudiziario dei crediti sono più lunghi rispetto ad altri Paesi, con una media di oltre 10 anni. Va dato atto al Parlamento che, su iniziativa del Governo, ha approvato una riforma del diritto fallimentare che accelera i tempi per il recupero dei crediti, non solo quelli bancari ma anche quelli delle famiglie e delle imprese”.
“L’Italia – ha concluso il presidente dell’Abi – sta migliorando, non è più in recessione, inizia la sua ripresa e ritengo che tutte queste angosce sui titoli italiani possano avere un quid di strumentale, di speculativo. Il mercato finanziario italiano è molto aperto, ed è quindi assai facile riscontrare operazioni speculative. Si pensi che è possibile vendere in Borsa persino titoli che non si possiedono, le cosiddette vendite allo scoperto. Operazioni che, se fatte in un qualsiasi altro ambito che non sia la Borsa, comporterebbero l’apertura di un procedimento penale”.
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