Più del 42% del taglio degli occupati dovuto a grandi aziende
Le piccole e medie imprese italiane hanno visto aumentare la quota della forza lavoro che occupano negli anni della crisi, dal 72,4% del totale degli occupati del 2008 al 77,5% del 2013. E’ quanto emerge da uno studio di Cassa depositi e prestiti con KfW, Bpifrance e Ico. Il taglio di 2,18 milioni di occupati tra il 2008 e il 2013 “è attribuibile alle grandi imprese in modo sproporzionato rispetto alle Pmi”. E’ imputabile infatti allo 0,2% delle realtà maggiori più del 42% del taglio dei posti.
Le piccole e medie imprese rappresentano, nel 2013 come nel 2008, il 98% del totale delle aziende italiane, una quota in linea con quella di Francia, Germania e Spagna, gli altri Paesi analizzati nel rapporto ‘Sme Investments and Innovation. France, Germany, Italy and Spain’.
In cinque anni di crisi il numero delle aziende nel Paese si è ridotto del 42%, con 637.729 attività in meno, pari a 354 chiusure nette ogni giorno e 10.628 al mese. “Le Pmi hanno sofferto molto e continuano a risentire della crisi economica e finanziaria, che ha generato un deterioramento delle loro prospettive di business e oggettive difficoltà nell’ottenimento di finanziamenti, afferma la Cdp in una nota, sottolineando come negli ultimi anni, in tutti e quattro i Paesi analizzati, le Piccole e Medie Imprese hanno ridotto la quota di investimenti in innovazione, che invece rappresentano lo strumento più importante per assicurare competitività a lungo termine all’Europa”.
“Un ruolo importante a sostegno delle Pmi, continua la Cassa, lo potrà giocare il Piano Juncker, che prevede una ‘SMEs Window’ di 75 miliardi di euro sui 315 miliardi di euro complessivi e fondamentale sarà il supporto al comparto da parte delle national promoting bank come Cdp, tramite finanziamenti e strumenti dedicati, per superare le sfide specifiche di ciascun Paese.
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