I primi risultati visibili a partire dal secondo trimestre dell’anno. E sulla previdenza annuncia: interventi nella prossima legge di stabilità
“L’impatto del Jobs act sul mercato del lavoro sarà visibile nel secondo trimestre di quest’anno quindi aprile, maggio e giugno perché a marzo avremo l’approvazione definitiva e ognuno avrà il tempo di capire di cosa si tratta”. Ne è convinto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti che, intervenendo a Rtl 102.5, ipotizza 150mila posti di lavoro in più nell’arco dell’anno. “Poi un pò di tempo serve – prosegue – anche perché noi siamo alla coda di una crisi che dura da sette anni e sappiamo che il lavoro parte sempre un po’ dopo della ripresa economica, perché la prima cosa che fanno le aziende è far tornare a lavoro i cassintegrati e utilizzare appieno gli impianti. Immagino che avremo una prima fase dove questi elementi torneranno a compensarsi, ma sono convinto che nell’arco del 2015 potremo avere intorno i 150mila posti di lavoro in più”. Poletti aggiunge:
“Se pensiamo che un anno fa ne abbiamo persi 200mila credo che sia un cambiamento di segno, poi sappiamo che la dinamica della crescita tende ad incrementarsi, come una partenza da fermi: se si parte da fermi si va pianino, poi dopo un pò si accelera. Questa credo che sarà la dinamica che avremo di fronte, ma nei prossimi quattro mesi vedremo segni importanti”.
Secondo Poletti sono due le norme di maggior aiuto per questo processo di ripresa dell’occupazione: “da una parte quella prevista dalla legge di riforma del mercato del lavoro – dice – che interviene a definire in termini molto più certi e molto più chiari quali siano i confini per i quali è possibile licenziare, cosa succede se accade questo fatto, quali sono i costi economici di questa operazione, o quali sono gli obblighi di legge per reintegrare una persona. Quindi ha dato più certezza da questo punto di vista e più flessibilità. Contemporaneamente abbiamo abbassato il costo per chi assume a tempo indeterminato, perché per tre anni gli oneri contributivi, quelli che servono per la pensione, saranno a carico dello Stato e insieme a questo abbiamo tolto dalla base imponibile dell’Irap, il costo del lavoro e i contratti a tempo indeterminato”.
“Quindi – aggiunge il ministro del Lavoro – abbiamo prodotto un’operazione molto forte, abbiamo dato una spallata molto forte a un’idea consolidata in questo Paese secondo cui, anche chi voleva assumere, l’ultima delle cose che pensava era di assumere a tempo indeterminato. Noi vogliamo che assumere a tempo indeterminato torni ad essere il modo normale di assumere, e lo facciamo sia cambiando le regole, sia rendendo più economico il lavoro stabile del lavoro precario”.
Poletti è tornato anche sul tema della previdenza, dopo le dichiarazioni di ieri del Presidente dell’Inps Tito Boeri. “La Legge Fornero puo’ e deve essere superata”, ha detto intervenendo su RTL 102.5 durante “Non stop News”. ”Ne abbiamo bisogno, – dice – e rappresenta anche un elemento che puo’ promuovere ricambio dentro le imprese. Abbiamo bisogno di far entrare giovani nei posti di lavoro, nelle aziende, negli enti e anche di dare una tutela a quelli molto vicini alla pensione. Una soluzione su questo fronte dobbiamo trovarla”. In merito alla quota 96, somma tra eta’ anagrafica ed eta’ contributiva e a eventuali sue modifiche Poletti spiega: “In questo momento siamo ancora molto in anticipo perche’ stiamo facendo tutte le valutazioni e le simulazioni del caso, perche’ sappiamo di avere un grande debito pubblico quindi nel momento in cui andiamo a toccare la spesa pubblica dobbiamo farlo sapendo con molta chiarezza cosa succede, quindi voglio evitare di illudere o far pensare cose che oggi non siamo in grado di dire. La prima cosa chiara e’ che abbiamo un problema sociale evidente, figlio della Legge Fornero, che ci porta al fatto che le persone hanno visto alzata significativamente l’eta’ del pensionamento. Abbiamo attraversato una grossa crisi che ha portato molte persone a perdere, o poter perdere, il lavoro e abbiamo una fascia di persone che hanno perso il lavoro o lo possono perdere, con gli ammortizzatori sociali che ci sono oggi non arrivano a maturare il diritto alla pensione, ma sono molto avanti nell’eta’, per quelle persone dobbiamo trovare una soluzione. O trovando un ponte per collegare la pensione, o costruendo un ammortizzatore speciale specifico, altrimenti questi restano senza stipendio, senza ammortizzatori sociali e senza pensione, e noi non possiamo produrre disperazione. Poi c’e’ un altro tema che riguarda la flessibilita’ in uscita, cioe’ la possibilita’ di lasciar libero un cittadino, di valutare entro una certa fascia, la possibilita’ di andare in pensione prima. Naturalmente – conclude – in tal caso avra’ una penalita’, altrimenti questo costo finisce a carico degli altri cittadini e non sarebbe una cosa buona. Io penso che per la legge di stabilita’ di quest’anno arriveremo a definire queste questioni e risolvere questi problemi”.
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