La MPMI, tra fisco, burocrazia, crisi dei consumi digitalizzazione ed abusivismo. Focus sulla piccola distribuzione commerciale e le attività del turismo e dei servizi
C’è il futuro della MPMI, nazionale e anche locale al centro delle riflessioni di Confesercenti, in quanto elemento insostituibile per una crescita solida dei territori. Futuro che nell’immediato passa attraverso il congelamento dell’IVA, lo snellimento della burocrazia, le liberalizzazioni e la direttiva Bolkestein da rivedere; la sicurezza urbana e la lotta all’abusivismo commerciale, gli incentivi ai consumi delle famiglie e il sostegno della piccola e piccolissima impresa nella strada verso l’innovazione digitale.
Temi di forte attualità, evidenziati oggi, anche dal presidente nazionale di Confesercenti Patrizia De Luise, ospite dell’Associazione imprenditoriale in occasione dell’assemblea provinciale annuale. Temi che si riflettono più che mai anche sul territorio modenese, la cui rete distributiva ha significato sviluppo per anni, presidio del territorio e caratterizzazione tipica. Ma che ora arranca: sotto i colpi di una ripresa che stenta a consolidarsi a causa della staticità del mercato interno; nella flessione dei consumi, -1,6% che ha interessato il territorio regionale e locale, nel primo trimestre dell’anno; nell’occupazione che tra le MPMI modenesi, conta sempre meno contratti a tempo indeterminato; nel numero di attività che, al 31 marzo 2018, hanno fatto registrare un calo del -1,5% (dato Unioncamere). E nonostante ciò, la proliferazione di medie-grandi strutture commerciali di vendita – dalle ultime a quelle già programmate sia in città che in provincia (dal quartiere Crocetta ai quasi 50mila mq di Carpi…) – in quella che è una rete distributiva ormai satura, pare non conoscere sosta.
“Una situazione, generatasi con la Direttiva Bolkestein – puntualizza Confesercenti Modena – che ha liberalizzato gli insediamenti commerciali. A cui ha fatto seguito lo “Sblocca Italia” e, a livello locale, ricalcando per certi versi l’ambito nazionale, il cosiddetto “Sblocca Modena”: provvedimento con cui il Comune ha raccolto le manifestazioni di interesse per insediamenti di nuove medie superfici di vendita. Ad oggi, a noi risultano almeno 19 manifestazioni di interesse; di cui 12 delle quali, con ogni probabilità, in procinto di essere accolte. E questo solo restando nella città di Modena. E’ facile immaginare le conseguenze: un’inflazione dell’offerta commerciale in una rete già satura da parecchi anni, oltre che in un contesto economico caratterizzato da una sostanziale stagnazione dei consumi e con un reddito pro-capite ancora fermo a 10 anni fa ovvero al periodo pre-crisi. Tutto ciò, ha già determinato uno stato di sofferenza nella rete commerciale esistente situata soprattutto nei centri di vicinato con un calo consistente del volume degli affari e un rischio chiusure – alcune per altro già avvenute – fin troppo reale. Nella prospettiva di una rivisitazione della direttiva Bolkestein, riteniamo che non ci debba solamente essere l’esenzione della sua applicazione al commercio su aree pubbliche e agli stabilimenti balneari, ma occorrerebbero ripristinare, a tutela della piccola e media distribuzione esistente, vincoli più stringenti.”
In linea con l’intervento dell’Associazione imprenditoriale modenese anche la riflessione del Presidente nazionale di Confesercenti Patrizia De Luise che ha fortemente attenzionato il tema delle liberalizzazioni nel commercio: “Per regolare le aperture domenicali, il lavoro del Ministro Di Maio non deve ripartire da zero: esiste già una proposta legge di iniziativa popolare, promossa da Confesercenti e Cei con l’iniziativa “Liberaladomenica”. Adesso è in cima alla lista delle proposte di legge ereditate dalla nuova legislatura: si può iniziare da qui. Le liberalizzazioni delle aperture delle attività commerciali, introdotte dal governo Monti avrebbero dovuto dare una spinta ai consumi, grazie all’aumento delle opportunità di acquisto per i consumatori. Ma che non sembra essersi trasformato in acquisti reali: nel 2017 le vendite del commercio al dettaglio sono state inferiori di oltre 5 miliardi di euro ai livelli del 2011, ultimo anno prima della liberalizzazione. Purtroppo, però, la deregulation ha spostato quote di mercato verso la grande distribuzione, contribuendo all’aumento dell’erosione del fatturato della gran parte dei piccoli esercizi, che hanno perso il 3% a favore della grande distribuzione: si tratta di circa 7 miliardi di euro di vendite travasate dai negozi alla GDO. Per questo Confesercenti ha lanciato, già nel novembre 2012, ‘Liberaladomenica’ una campagna per raccogliere le 50.000 firme necessarie per presentare una legge di iniziativa popolare che faccia tornare alle Regioni le competenze in materia di aperture. Le adesioni raccolte, alla fine, sono state 150.000, e la proposta è stata presentata alla Camera il 14 maggio 2013. Noi non chiediamo di stare chiusi sempre, ma di restare aperti solo quando e dove necessario. La nostra proposta prevede però di passare dalla deregulation totale ad un minimo di regolamentazione, ragionevole e assolutamente compatibile con le prassi europee e punta a correggere una distorsione. La liberalizzazione avrebbe dovuto rilanciare i consumi, ma gli unici effetti certi sono stati la compressione dei diritti di piccoli imprenditori e di lavoratori e lo spostamento di quote di mercato verso la grande distribuzione. La proposta di legge di iniziativa popolare “Liberaladomenica” attende in Parlamento: ci auguriamo che, dopo cinque anni, venga finalmente valutata”.
Patrizia De Luise ha poi preso parte all’assemblea provinciale dell’Associazione imprenditoriale Focalizzando poi l’attenzione sui temi cruciali per le piccole e medie imprese. Incontro che ha visto anche la partecipazione del vice sindaco di Modena Giampietro Cavazza, unitamente al Direttore provinciale di Confesercenti Modena, Marvj Rosselli e al Presidente provinciale dell’Associazione Mauro Rossi.
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